Da Brescia all’Afghanistan, il sangue delle donne non smette di scorrere

L’orrore che si prova nell’apprendere della tragica morte di due donne per mani maschili sconcerta, perché una simile violenza narra e anticipa tutta la furia cieca che si può consumare contro il genere femminile.

Due donne che vivono in luoghi lontanissimi fra loro: una uccisa per mano dell’ex, l’altra assassinata, a quanto pare, dai talebani.

Il femminicidio è avvenuto nel bresciano. Lui l’ha ammazzata in strada, e poi ha aspettato l’arrivo dei carabinieri. “Chiamate i carabinieri, l’ho uccisa a martellate” ha detto in dialetto bresciano Ezio Galesi, 59 anni. La vittima è l’ex fidanzata Elena Casanova, 49enne madre di una ragazza di 17 anni avuta da un precedente matrimonio. Secondo la ricostruzione dei carabinieri, Galesi, separato e padre di due figli già grandi, ha seguito la ex e, quando lei ha parcheggiato, ha prima infranto con un martello il finestrino della vettura e poi ha colpito ripetutamente la donna, morta sul colpo.

L’altro non si può definire tecnicamente un femminicidio, in quanto la vittima non era in relazione con gli assassini. Una giocatrice della nazionale giovanile di pallavolo dell’Afghanistan, Mahjubin Hakimi, è stata decapitata dai talebani a Kabul. A denunciarlo al Persian Independent, secondo i media indiani, è stata una sua allenatrice, identificata per ragioni di sicurezza con lo pseudonimo Suraya Afzali. La ragazza sarebbe stata assassinata ad inizio ottobre, ma la notizia non è stata diffusa dai familiari per timori di rappresaglie.

Secondo l’allenatrice, le circostanze dell’uccisione della sportiva erano note solo ai familiari. Prima dell’arrivo al potere dei sedicenti studenti coranici, precisano i media, la pallavolista giocava per la squadra comunale della capitale afghana. Delle giocatrici della nazionale giovanile, ha aggiunto l’allenatrice, solo due sono riuscite a scappare all’estero, mentre tutte le altre “sono state costrette a fuggire e nascondersi” e i tentativi di trovare “aiuto da organizzazioni e Paesi internazionali non hanno avuto successo”.

Nelle scorse settimane, una trentina di atlete della nazionale di volley dell’Afghanistan avevano già raccontato di temere violenze e rappresaglie da parte dei talebani per la loro attività sportiva, chiedendo alla comunità internazionale di aiutarle a lasciare il Paese. Alcune loro compagne che invece erano riuscite a fuggire avevano denunciato l’uccisione ad agosto di un’altra giocatrice della squadra a colpi di pistola.

La situazione delle donne in Afganistan è drammatica! Tragiche testimonianze personali descrivono una situazione in cui le donne sono le prime e principali vittime della nuova versione dell’ “Emirato Islamico”.


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