Proteste in Polonia per i piani di abbandono della convenzione sulla lotta alla violenza contro le donne

Proteste in Polonia dopo la comunicazione da parte del Ministro della Giustizia che ha dichiarato di voler recedere dalla convenzione europea contro la violenza sulle donne. Decine di migliaia di persone sono scese in piazza a Varsavia e in altre città polacche per protestare.

La Convenzione di Istanbul è il quadro giuridico più completo esistente per combattere la violenza contro donne e ragazze, che copre la violenza domestica, lo stupro, l’aggressione sessuale, le mutilazioni genitali femminili, la cosiddetta violenza basata sull’onore e il matrimonio forzato. La Polonia ha ratificato la convenzione nel 2015 prima che il partito ultra conservatore salisse al potere.

Il Ministro della giustizia polacco Ziobrio, ha assicurato che la legge polacca in vigore tutela «in modo esemplare» i diritti delle donne e risponde cosi a tutte le esigenze imposte dalla Convenzione di Istanbul. Ieri contro la decisione del governo si erano svolta a Varsavia e in oltre 20 città del paese le manifestazioni delle donne polacche convinte che la decisione dell’esecutivo inciderà negativamente sulla situazione della donne sopratutto in famiglia. I manifestanti hanno gridato “lotta contro il virus, non contro le donne” mentre camminavano per Varsavia venerdì pomeriggio. L’attuale governo polacco sostiene che la convenzione, elaborata dal Consiglio d’Europa, un’organizzazione per i diritti umani composta da 47 Stati membri, contravviene ai valori della famiglia cattolica romana della Polonia.

Il caso Ungheria 

Lo scorso maggio il parlamento ungherese ha respinto la ratifica della Convenzione di Istanbul contro la violenza sulle donne. Dopo circa un mese dall’adozione della legge che conferisce al premier ungherese Viktor Orban i pieni poteri per fronteggiare l’emergenza virus, il parlamento di Budapest ha bocciato la Convenzione che per l’esecutivo promuoverebbe l’ideologia distruttiva di genere e della «migrazione illegale». Il suo «approccio ideologico è contrario alla legge ungherese e alle credenze del governo», ha affermato davanti all’Assemblea il deputato Lorinc Nacsa, dei democratici cristiani, alleato di minoranza della coalizione con il partito sovrano Fidesz di Orban.

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